Ecco l'auto a idrogeno
di Giorgio Iacuzzo
Veniamo continuamente bombardati dagli interminabili problemi sulla circolazione, le benzine e l'inquinamento. Le città vengono chiuse per gli alti livelli dei gas nocivi, la benzina super sparirà (dall'anno prossimo hanno detto) e milioni di veicoli rischieranno di diventare inutilizzabili, ci forzeranno a dotarci di mezzi con marmitte catalitiche nonostante i dati dimostrino come dalla loro introduzione vi sia stata un'impennata di numerose patologie gravi. Molto di più che non la «piombatissima» benzina rossa. Ma chi se ne frega di noi, l'importante è che i petrolieri e le multinazionali dell'automobile aumentino i loro profitti con beneplacito dei nostri amministratori ingenui e compiacenti. Le cose sarebbero potute andare diversamente anche nel nostro paese se persone come l'ingegner Longo, di cui vi raccontiamo la storia, avessero trovato un sostegno e un aiuto da chi ci governa. Infatti, in Italia, fin dagli anni '70 hanno circolato veicoli di serie modificati per andare a idrogeno, economici, meno rumorosi ma soprattutto puliti, realmente a impatto zero. Tutte cose che sono presto finite nella pattumiera del dimenticatoio, ridotte a poco più che curiosità o reperti da museo della scienza, scavalcate da una ricerca tecnologica (molto poco ricerca e e ancora meno tecnologica) che ha fatto imboccare altre strade al progresso dell'automobile e dei mezzi di locomozione nel mondo.
L'ingegner Massimiliano Longo, oggi un distinto signore che non ama farsi pubblicità e anzi molto riservato per quanto riguarda la sua vita privata, è originario del vicentino, ha studiato all'istituto tecnico di Valdagno e poi è entrato in aeronautica dove ha fatto il pilota, ma soprattutto il capomeccanico. Era addetto alla manutenzione degli aeroplani da caccia Reggiane 2000 o Siai Marchetti 205. Dopo l'8settembre 1943 non è riuscito ad andare a casa e lo hanno aggregato ad un reparto di base ad Aviano. I tedeschi avevano fornito i Messerschmitt 109 con l'ultima potente versione del motore DB605C, ma i caccia alleati erano sempre i più veloci. I tedeschi lo trasferirono per tre mesi in un laboratorio sotterraneo in Germania dove gli venne insegnata la tecnica di montaggio di un dispositivo che poteva aumentare la potenza per una decina di minuti al massimo (poi il motore avrebbe rischiato di rompersi), agevolando il velivolo nel disimpegno durante i duelli aerei.
Di cosa si trattava? In apparenza niente di complicato: si trattava solo di iniettare nel motore una certa percentuale di d'acqua assieme al carburante. Durante quel periodo Longo conobbe anche Werner Von Braun e la sua equipe di tecnici che stava sviluppando velivoli e razzi estremamente innovativi, mezzi che comunque non riuscì mai a vedere con i propri occhi, anche se per pochi minuti. Al suo ritorno in patria cominciarono a i caccia del reparto proprio per consentire l'attivazione di quello spunto in grado di aumentare la velocità di 100 chilometri all'ora, anche se per pochi minuti. Al termine del conflitto Massimiliano Longo lavorò un paio d'anni con gli americani come tecnico per selezionare o smantellare gli aerei in base alle loro condizioni. Approdò nel torinese dove collaborò con diverse ditte meccaniche nella messa a punto di nuovi veicoli e motori. Nel frattempo aveva ricominciato a studiare iscrivendosi alla facoltà di ingegneria dell'Università di Parigi, dove nel 1970 si laureò. Iniziò poi un dottorato di ricerca presso l'Università del Lussemburgo dove nel 1973 presentò la tesi finale sull'auto a idrogeno.
Massimiliano Longo non si accontentò di presentare alla commissione dei docenti esaminatori soltanto una ponderosa relazione ma li mise davanti ad un sistema perfettamente funzionante: una splendida Alfa Romeo 1300 GT modificata per il nuovo carburante. L'idrogeno era immagazzinato in bomboloni nel bagagliaio del veicolo e nel motore erano state eseguite alcune modifiche, tra le quali:
L'idrogeno veniva autoprodotto dall'ingegner Longo in proprio, per mezzo di una centralina per l'elettrolisi che lo forniva già a 12 atmosfere di pressione, dunque pronto per essere immesso nelle bombole. Essendo il motore costruito per un carburante diverso, ossia la benzina, le modifiche che riguardano la compressione ne degradavano le caratteristiche in modo significativo. Infatti, l'Alfa GT raggiungeva la velocità di 96 chilometri all'ora invece dei 135 originali. In cambio, però, l'economia dei consumi era notevole, e l'inquinamento ambientale inesistente.
«Una potenza maggiore si sarebbe potuta ottenere solamente con un motore dedicato particolarmente alla combustione dell'idrogeno - racconta oggi l'ingegner Longo - ma questo avrebbe richiesto l'interesse di una qualche industria nazionale per progettare e realizzare un propulsore in grado sfruttare totalmente l'energia che l'idrogeno può rilasciare e che è tre volte quello della benzina. L'impegno e gli investimenti necessari per un nuovo motore erano infatti al di fuori delle mie possibilità».
Oltre alla vettura che gli valse la specializzazione, in quegli anni l'ingegner Longo modificò numerosi altri automezzi e anche dei natanti. Tutti funzionavano senza problemi. Mise a punto anche il progetto di un nuovo serbatoio per l'idrogeno alternativo alla bombola dove il gas veniva concentrato e solidificato in un modulo contenente determinate terre rare. In questo modo veniva eliminato completamente ogni rischio di perdita e infiammabilità e il peso del carburante e del suo contenitore erano estremamente ridotti. Nonostante i premi, i riconoscimenti di autorità internazionali e l'enorme eco della stampa in quegli anni per le sue scoperte, le innovazioni tecnologiche proposte dal progettista vicentino riscossero, purtroppo, soltanto belle parole dai politici italiani e stranieri e dai costruttori di veicoli internazionali.
Negli anni seguenti il nostro costruttore si dedicò ad affinare la tecnica di riduzione dei gas di scarico su mezzi di trasporto individuale, pubblico, industriale, su treni natanti, elicotteri, aerei e generatori. Migliorò l'originale soluzione, da quella adottata sul caccia Messerschmitt 109, interponendo tra il collettore di alimentazione un sistema di aspirazione di vapore acqueo nebulizzato da miscelare con il carburante. Questa tecnologia, che ottimizzava notevolmente la combustione, consentiva di diminuire in modo impressionante la tossicità dei gas di scarico da una parte e dall'altra di migliorare le prestazioni del motore incluso il consumo del carburante. Un particolare momento di successo si ebbe in occasione del 58° Salone dell'Automobile del 1986 quando l'ingegner Longo venne inviato dall'amministrazione dell'esposizione motoristica torinese ad esibire i suoi veicoli e la sua componentistica prodotta.
Ma come sempre succede nel nostro paese anche queste brillanti innovazioni incontrarono soltanto belle parole tra i pubblici amministratori e, viceversa, sempre maggiori ostacoli da parte dei costruttori. Massimiliano Longo continuò comunque la sua professione di perito tecnico per tribunali e società assicurative; e di consulente ricercatore delle univesità di Parigi e di Lussemburgo. Ebbe maggiori soddisfazioni in paesi lontani, come il Sud Africa, il Brasile, la Costa d'Avorio, dove incontrò governanti e aziende che adottarono le sue soluzioni. Impegnato in una sacrosanta battaglia per la salvaguardia dell'ambiente e delle risorse del nostro pianeta, Longo si dedica da decenni con pazienza e tenacia alla sperimentazione di sempre nuove soluzioni scientifiche e tecnologiche. Ora le sue attività spaziano dalle lezioni universitarie agli incontri di sensibilizzazione ambientale per gli studenti più giovani, alla continua ricerca di soluzioni che diano alla nostra vita maggior qualità e sicurezza. Alle persone come l'ingegner Longo dobbiamo esser tutti grati per il loro impegno e dedizione alla ricerca di vita migliore per tutta la comunità. Ci auguriamo che al più presto che chi ci governa sappia riconoscere i meriti di questi cittadini che hanno dedicato la vita a rendere la nostra esistenza più pulita e che non continuino, come sempre, a foraggiare che ce la ha resa più inumana succhiandoci risorse a non finire per alimetare soltanto i propri profitti.
Fonte: Nexus Magazine
http://www.giessenet.it/nexus/ecco_l'auto_a_idrogeno.htm