CHEMIO, NUOVA MEDICINA E LIBERTA' DI SCELTA
GENNAIO 2002
È bastata una telefonata: “Ho qui le lastre di sua figlia”………….
E la terra si è aperta sotto i piedi.
Ho pensato di scrivere tutto quello che ho vissuto dopo quella telefonata
affinché chi si trova a dover passare “per quella strada” sappia che non è senza uscita, e soprattutto NON E' LA SOLA!
“Quella strada” è una strada battuta da anni, dove si conosce l'inizio, gli ostacoli sul percorso, e la fine spesso è la distruzione fisica e psichica delle persone coinvolte!
Io ho percorso altre strade e vi posso assicurare che voi AVETE IL DIRITTO DI SCEGLIERE QUAL'E' LA MIGLIORE PER VOI!
NESSUNO VE LO PUO IMPEDIRE!!!
Da troppi anni ho visto iniziare, percorrere e finire quella strada.
In qualità di infermiera quale sono non ho potuto fare a meno di sostenere tutte le persone che mi trovavo a dover assistere.
Più passava il tempo e più una voce dentro di me gridava che non era possibile, che ci “doveva essere qualcos'altro!”
Vedevo persone forti e piene di ottimismo consegnare “letteralmente” la propria vita in mano altrui e da quel momento vivevano in attesa di “visite specialistiche”, di esami, di diagnosi, di prognosi, di qualcuno che gli dicesse: “è stato uno sbaglio, tu non hai un tumore.”
Poi, quando capivano che la realtà era quella cominciavano un lento declino, e iniziavano la “sopravvivenza”, fino alla resa finale.
Una resa inevitabile perché all'origine c'era stata una scelta:
LA SCELTA DI CONSEGNARE LA PROPRIA VITA IN MANO ALTRUI!
Dopo la telefonata che mi annunciava che le lastre al femore di mia figlia erano in mano al medico condotto, quando avrei dovuto ritirarle io lo stesso pomeriggio intuii che la mia vita stava per cambiare irreversibilmente.
Gli chiesi come mai le avesse lui, ma la sola risposta fu:
ho bisogno di parlarle, sarebbe bene che venisse anche suo marito.
Ho chiuso la telefonata e mi sono seduta; la stanza dov'ero mi appariva diversa, una sensazione mai provata mi attraversò tutto il corpo…….
Mi sono vista come se mi stessi guardando: seduta, accanto a un lettino per bambini vestita da infermiera……(ho ricevuto la telefonata al lavoro dove prestavo servizio da alcuni anni) infermiera pediatrica………
Alle 3 eravamo dal medico condotto.
“………ci sono dei chiari segni che ci fanno pensare che sua figlia abbia un tumore……..”
Comunque per avere la conferma bisogna fare altri esami……..la voce del dottore mi giungeva ovattata, mi sembrava di camminare sospesa.
In quell'istante dentro di me si sono fatte chiare due persone.
Una era l'infermiera che ero stata per anni ,che ascoltava tutto quello che diceva il medico, e l'altra era una persona quasi sconosciuta che mi sussurrava: “c'è un'altra strada!”.
Era una voce che quasi non si sentiva tanto era forte quella del medico e dell'infermiera che lo ascoltava.
Usciti dallo studio avevamo già alcuni indirizzi e numeri di telefono.
Iniziava la fase della ricerca del miglior specialista, e delle telefonate a parenti e conoscenti per avere il numero di telefono del migliore.
Nel giro di 2 giorni eravamo ricoverate nel miglior ospedale e seguite dal miglior specialista che avrebbe eseguito la biopsia per la conferma della diagnosi.
Di una cosa ho avuto subito la certezza: dovevo proteggere mia figlia da quello che gli avrebbero potuto dire o fare!
Quando entri in ospedale con una diagnosi del genere vieni subito etichettato, e tutti si prodigano in consigli spesso non richiesti.
Alla sera quando si addormentava la guardavo e pensavo di essere in un film che presto sarebbe finito per poi tornare a casa e riprendere la solita vita.
Giorni passati in attesa di una parola, di un cenno ,di un sorriso.
Cose molto rare quando ne hai un estremo bisogno.
Stare insieme 24 ore su 24…..cercare di apparire tranquilla quando dentro hai il terremoto.
Sentirla parlare della scuola, degli amici e avere voglia di urlare…….
Fino al giorno in cui arriva la sentenza finale “osteosarcoma con metastasi bilaterali ai polmoni”.
Ti guardi mentre ti muovi e hai la netta sensazione che non sia tu.
Qualcun altro è subentrato al tuo posto!
Fare le valigie per subire un altro ricovero……
“Ospedale specializzato in queste patologie.”
Si inizia con l'assegnazione del reparto: Pediatria………..
Ieri ero dall'altra parte oggi ho superato la barriera e sono accanto a mia figlia che è in un letto in attesa .
Si perché quando entri in un ospedale vivi perennemente in stato di attesa.
Ma la cosa che più mi mancava era un sorriso.
L'avevo sperimentato più volte nel mio lavoro ed ora ne avevo semplicemente la conferma!
Entrare in ospedale ti fa sentire spersonalizzato, entri in contatto con una realtà nuova che spaventa e disorienta, non sei più Giovanni o Antonio .
Diventi semplicemente un paziente di nome e di fatto!
Speri solo ,mentre aspetti le decisioni del medico, che il personale che c'è di turno si sia svegliato bene e non sia arrabbiato.
Preghi di non avere bisogno per non suonare il campanello, e se proprio lo devi fare, che chi viene a rispondere capisca i tuoi bisogni ma soprattutto le tue paure.
Ci assegnarono una bella camera, il reparto era pieno di disegni e di colori.
Un'infermiera, guardacaso senza sorriso ci accolse come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.
Forse per lei era routine, anche se so per esperienza che bastava poco per far si che non lo fosse, ma per noi era lo stravolgimento delle nostre vite!
E' come trovarsi improvvisamente su un altro pianeta senza capire come ci sei arrivata.
Quella vocina che mi aveva parlato nello studio del medico si faceva risentire: “c'è un'altra strada, non dimenticarlo….”
Ho cominciato a ripensare agli ultimi dieci anni della mia vita.
Anni passati alla ricerca di risposte.
Sapevo che ci poteva essere altro oltre alla sofferenza che vedevo in ospedale.
Sapevo che la si poteva vivere in modo diverso la malattia.
Ma non trovavo come!
Quando sentivo i pazienti dire: “devo ringraziare il medico che mi ha guarito!”, qualcosa dentro di me si ribellava e non capivo cosa fosse.
Osservavo le persone cosiddette malate e quello che vedevo era che quasi tutte stavano a quello che diceva il medico, non facevano obiezioni, non si chiedevano cosa significasse essere malati ma solo chiedevano di essere guarite.
Ed ora ero li, con tanta teoria nella testa, le visualizzazioni, il pensiero positivo, l'energia, ed una voce dentro di me diceva : “vediamo se oltre alla teoria sai fare pratica!”
Era come passare un esame dopo anni di scuola e la materia principale era mia figlia!
Con questa miriade di pensieri dentro la testa abbiamo cominciato la vita da ricoverate.
Mi guardavo intorno e la vista di tutti quei bambini attaccati alla flebo, la disperazione sui visi dei genitori faceva gridare ancora più forte quella voce dentro di me!
“C'è un'altra strada!”
A mia figlia non avevo ancora detto quello che secondo i medici lei avesse.
Cercavo il modo, se un modo ci può essere per dire certe cose, che la informasse del suo stato di salute ma nello stesso tempo gli desse le armi per affrontare tutto ciò.
Non volevo che mettesse la sua vita nelle mie mani e in quelle dei medici.
Volevo che lei fosse la protagonista e noi un supporto per affrontare tutto quello che sarebbe venuto.
Eravamo nel corridoio, chiacchieravamo, quando una figura vestita di bianco ci disse di accomodarci in una stanza.
Quando apri la porta per un attimo mi sentii mancare.
Un certo numero di persone che può variare da 5 a 7 erano sedute che ci aspettavano.
Capii subito cosa stava per succedere…..sentii lo sguardo di Francesca che mi cercava.
Avrei voluto urlare ma dovevo apparire tranquilla affinché non si spaventasse più di quanto lo fosse già.
Ci sedemmo e quello che sentii nei minuti successivi le mie orecchie lo rifiutavano.
Stavano comunicando a mia figlia, senza aver prima parlato con me, che aveva un tumore, cos'era un tumore, cosa gli avrebbero fatto per far si che se ne andasse……….
Ero ammutolita, non riuscivo ad aprire bocca, ero come paralizzata, fino al momento in cui sentii Francesca che gridava che non li voleva sapere!
Stava parlando degli effetti collaterali della chemioterapia!
Loro volevano spiegarglieli per filo e per segno e lei si rifiutava di ascoltare perché ci avrebbe pensato sua mamma a spiegarglieli visto che era un'infermiera!
Sentire Francesca così determinata mi fece risvegliare dallo stato catatonico in cui ero caduta.
La presi e uscimmo da quella camera degli orrori.
Mi ci volle un 'overdose' di autocontrollo per tranquillizzare Francesca.
Avrei voluto spaccare tutto!
Come si erano permessi di comunicare una diagnosi del genere a una ragazza di 13 anni senza aver prima parlato con i genitori!!!!!
Dov'erano i famosi colloqui con gli psicologi?
Il giorno dopo convocarono me e il padre di Francesca per un colloquio…..
Alla mia indignazione per come avevano parlato a mia figlia la loro risposta fu che la tendenza al giorno d'oggi è quella di dire tutto all'adolescente.
E' giusto che venga informato di tutto!
Era talmente tanta la rabbia e l'impotenza che sentivo dentro di me che la sola cosa che seppi dire fu quella che avrebbero fatto prima ad aprire una finestra e dire all'adolescente: prego buttati.
Da quel momento fu una lotta quotidiana per evitare che certi medici avvicinassero Francesca e gli parlassero.
Avevamo cominciato a lavorare con le visualizzazioni.
Francesca si fidava di me, per questo mi ascoltava e metteva in pratica quello che le dicevo.
Sapevo che il giorno dopo avrebbe fatto l'immunoterapia così, per evitare che gli effetti collaterali si presentassero lavorammo tutto il pomeriggio con le visualizzazioni.
Prima di addormentarsi facemmo un giro nel corridoio e, proprio dietro l'angolo incrociammo la “dottoressa degli effetti collaterali” (così la chiamava Francesca).
Non le sembrò vero di poterci preparare a quello che sarebbe successo il giorno dopo!
Vedrai Francesca dopo l'immunoterapia ti sentirai stanca, potresti avere dei brividi, forse ti salirà la febbre a 40!
Ma stai tranquilla: sono gli effetti collaterali!
Vidi Francesca afflosciarsi, il suoi occhi si riempirono di lacrime………
Tutto il lavoro fatto era caduto come un castello di sabbia.
Ci chiudemmo in camera e passai le successive tre ore cercando di rimediare a quelle parole.
Le conseguenze dell'immunoterapia furono lievi rispetto alle statistiche ma da quel momento presi una decisione: AVREI TROVATO UN' ALTRA STRADA!
La diagnosi fatta dava una possibilità di guarigione del 20% .
Volevano fare 6 cicli di chemioterapia e poi intervenire chirurgicamente sui polmoni e sulla gamba.
Vedevo mia figlia spegnersi giorno per giorno, ma vedevo anche l'effetto che avevano su di lei le visualizzazioni e la pranoterapia!
Alle terapie che le facevano in ospedale non reagiva come gli altri bambini.
Quasi tutti dopo la chemioterapia andavano in isolamento perché i valori dei globuli bianchi scendevano drasticamente.
Lei durante i 6 cicli non andò mai in isolamento; a volte i bambini vicini di letto le dicevano di prepararsi perché dopo quel particolare ciclo di che mio sarebbe andata in isolamento.
Francesca li guardava e gli rispondeva che se lei non voleva andare in isolamento non ci sarebbe andata (lavoravamo sempre con le visualizzazioni), e così fu!
Nella mia mente si fece sempre più chiara una cosa . se reagiva così nonostante il suo corpo fosse avvelenato dalla chemioterapia, come avrebbe potuto reagire se il suo corpo non lo fosse.
Era fiera della sua lunga treccia. Normalmente al secondo ciclo tutti perdono i capelli, lei era al quinto e aveva ancora la treccia (visualizzava i capelli come se fossero d'oro fiammante).
Un giorno era seduta sul letto e grazie a un attimo di mia distrazione (impedivo ai medici di avvicinare mia figlia per evitare che gli parlassero) un medico entrato per visitare una vicina di letto, si voltò e le disse: Francesca quando vai a casa è meglio che ti tagli i capelli così quando li perderai tutti te ne accorgerai di meno.
Ricordo come se fosse oggi la sensazione che provai: impotenza e una rabbia furiosa.
Perché dovevamo sottostare a qualcosa che ci distruggeva, che non ci dava la benché minima possibilità di scelta!?!?
Era come lottare contro i mulini a vento e in più in questa lotta ero totalmente e completamente sola.
Avevo bisogno di parlare con i medici di capire le loro intenzioni ma soprattutto di esporre i miei dubbi, i miei pensieri le mie perplessità su come stavano agendo.
In fondo mi avevano dato il 20% di probabilità di guarigione.
Che senso aveva distruggere fisicamente e psicologicamente una ragazza di 13 anni se poi la fine della strada la conoscevamo tutti?
Chiesi di parlare con il primario (sapevo che era una donna), perché parlare con gli altri medici era come parlare al vento perché tutti si rimettevano alle sue decisioni.
Mi dissero che dovevo mettermi in lista d'attesa perché al momento era tanto impegnata.
Passò una settimana e non ebbi questo onore.
Si avvicinava il giorno dell'intervento e io ero sempre più consapevole che non avrei firmato quel foglio.
Volevo comunicarlo al primario ma i suoi impegni erano sempre tanti….
Passò un'altra settimana e il colloquio non era ancora avvenuto.
Terminati gli ultimi esami di controllo, i quali confermarono che i 6 cicli di chemio non erano serviti a niente, ci dimisero con l'accordo che ci avrebbero comunicato la data dell'intervento.
Tornate a casa mi misi subito alla ricerca di quella famosa ALTRA STRADA.
Telefonai a una mia zia che mi aveva parlato della Nuova Medicina.
Ricordo che si era meravigliata che non la conoscessi in quanto infermiera.
Mi mandò dei libri che trattavano l'argomento.
Ricordo che le parole che mi colpirono furono queste: “Ogni giorno ci rendiamo conto quanto la corretta informazione del paziente sia la condizione essenziale per una sua possibile emancipazione. Mai come oggi vale il detto: La salute è essenzialmente informazione!”
La Nuova Medicina del dott Ryke Geerd Hamer ci permette di comprendere come psiche, cervello e organi siano tre livelli dello stesso organismo.
Essa ci spiega in modo dettagliato cosa accade negli uomini, negli animali e perfino nei vegetali durante quello speciale momento che chiamiamo “malattia”.
Tratto da: Introduzione alla Nuova Medicina
Edizioni “Amici di Dirk”
Alhaurin el Grande- Spagna
Chiamai subito per avere un appuntamento che mi venne fissato da lì a breve tempo.
Dopo aver posato il telefono, certa di aver fatto la cosa giusta, contattai l'Ospedale per annullare l'intervento.
Tempo 24 ore e fui convocata dal famoso primario che aveva così tante cose da fare…
Pretendeva che mi recassi al colloquio il giorno successivo con mia figlia e suo padre e dal tono della voce capii che le cose si stavano mettendo male.
Il giorno successivo ci presentammo all'ora stabilita, ci fece accomodare dopo essermi rifiutata di far partecipare mia figlia al colloquio (il primario voleva che lei fosse presente!)
Ero decisa e allo stesso tempo spaventata; avevo saputo che a genitori che si erano rifiutati di far curare i propri figli con la medicina ufficiale le venne tolta la patria potestà.
Questo pensiero mi martellava nel cervello, ero terrorizzata da quello che avrebbero potuto fare a Francesca senza che io potessi fare niente, ma allo stesso tempo mi sentivo un leone!
Avrei protetto mia figlia a qualunque costo!
Volevo che Francesca avesse la POSSIBILITA' DI SCEGLIERE e di trovare la strada per “comprendere”.
Mi sentivo una formica davanti a un gigante.
In cuor mio speravo che per il fatto che fosse una donna potesse in qualche modo aiutarmi, ma dopo pochi minuti compresi che se avesse potuto mi avrebbe schiacciato come un verme.
Voleva apparire tranquilla per farmi ragionare.
Quando si rese conto che nonostante avessi un filo di voce e le spalle curve la mia determinazione non lasciava spazio a ripensamenti, esplose come una bomba.
Mi disse che ero pazza e che se avevo dei problemi dovevo farmi curare e non impedire a lei di operare mia figlia.
Mi elencò i vantaggi che avrebbero portato a Francesca i due interventi ai polmoni e alla gamba, tralasciando un piccolo particolare: non sarebbero serviti a niente!
Alla mia affermazione che non volevo che mia figlia fosse fatta a pezzi, mi rispose che conosceva madri con figli senza braccia e senza gambe che erano felici che fossero vivi.
Dissi che ero felice per loro ma io volevo decidere con Francesca cosa fosse bene per lei!
Ero terrorizzata e impaurita, avrei voluto gridare che stavamo parlando di mia figlia, che avevo bisogno di riflettere, di comprensione, non di essere assalita e insultata!
In quell'attimo feci un gesto che fu risolutore: tolsi dal taschino della camicia che indossavo l'immagine di Padre Pio.
A quella vista il primario mi guardò esterrefatta e mi disse: non mi dirà che vuole andare a San Giovanni Rotondo!?!?
Non mi sembrò vero, forse avevo trovato il modo per prendere tempo, ma soprattutto per uscire dall'Ospedale.
Il mio “si” fu un sussurro.
Sono convinta che se non avesse fatto uno sforzo immenso per controllarsi mi avrebbe picchiato!
Se queste erano le sue intenzioni me le poteva dire subito; non avrei perso due ore a parlare con lei con tutto quello che ho da fare!
Allora vada pure, ci sentiamo quando torna per fissare la data dell'intervento.
Mi sentivo come quel giorno dal medico condotto quando ci comunicò la diagnosi.
Mi sembrava di essere stata in guerra. Guardavo il mio corpo camminare e mi chiedevo dove fossi, ero sospesa da qualche parte, sapendo che avrei dovuto tornare perché quello che mi aspettava richiedeva da parte mia una presenza forte e sicura!
Tornammo a casa e dopo pochi giorni Francesca ebbe il primo colloquio con Roberto. (medico che assiste pazienti con strumenti della Nuova Medicina).
Lo guardavo mentre parlava con Francesca e pensai che fosse un angelo.
Quello che diceva rifletteva tutto quello che io avevo sempre pensato:
c'è un'altra strada!
Finalmente non mi sentivo più sola!
Roberto parlò con mia figlia per quasi due ore, io ascoltavo e a volte, su richiesta, intervenivo.
A volte Francesca mi guardava per cercare una risposta, ma Roberto le diceva che era lei che conosceva tutte le risposte.
Nessuno poteva conoscerle tranne lei!
Tutti avrebbero potuto aiutarla ma alla fine chi avrebbe scelto sarebbe stata lei!
Questa nuova consapevolezza mise una nuova luce negli occhi di mia figlia.
Tornammo a casa dopo esserci accordati per un successivo incontro che sarebbe avvenuto in un posto da stabilirsi con l'assistente del dott.Hamer.
Sapevo che non era molto d'accordo a trattare pazienti che fossero già stati sottoposti a chemioterapia perché diceva che sarebbe stato molto più difficile raggiungere un buon esito.
Ma io avevo visto come Francesca reagiva alle visualizzazioni nonostante la chemioterapia, quindi non osavo immaginare cosa sarebbe successo se il suo corpo d'ora in poi non fosse più stato invaso da nessun veleno!
Con la T.A.C al cervello di mia figlia in mano cominciò a fare domande a Francesca. Le spiegò cosa stava avvenendo nel suo corpo e perché.
Le fece un quadro di quello che sarebbe avvenuto nel suo corpo se avesse deciso di percorrere quella strada.
Da quel momento iniziò una fase completamente nuova e a me sconosciuta di come può essere vista e vissuta una malattia chiamata cancro!
Alla domanda perché Francesca portasse le stampelle (aveva fatto la biopsia e la gamba si era ingrossata) rimanemmo sconcertate perché la risposta era talmente ovvia che la domanda ci sembrava inutile. Ma così non era e non lo sarebbe stata per tantissime altre domande!
Francesca e io ci guardammo e senza parlare capimmo che avevamo iniziato la nostra avventura.
Senza pensarci due volte mi diede le stampelle e mi disse che non ne aveva più bisogno!
Rimasi senza parole mentre la vedevo camminare senza aiuto.
Eravamo a giugno ed era da febbraio che portava le stampelle!
Le venne spiegato nei dettagli cosa stava avvenendo nella sua gamba e che il fatto che fosse aumentata di volume era semplicemente per una fase di “ricostruzione naturale dell'osso”
Da quel giorno iniziò il periodo “delle fasi”.
Con questa nuova visione della malattia di Francesca partimmo per una località di mare dove operava una pranoterapeuta molto brava.
Francesca aveva bisogno di “ricaricarsi” e di divertirsi soprattutto, dopo tutti quei mesi di ospedale e di incertezze!
Fu una settimana indimenticabile, la pranoterapia le dava forza e il suo corpo cominciava a “riprendersi” lentamente.
Ad ogni nuovo sintomo chiamavamo Roberto che ci spiegava cosa stesse avvenendo nel suo corpo.
Francesca era protagonista della sua vita, non più una semplice marionetta dove sono altri a tirare i fili, ma una vera prima attrice.
Un altro fatto che l'aveva resa tale fu quando la portai, tempo prima, a fare una chiacchierata con Silvana (un medico omeopata).
Ricordo che uscì da quel colloquio con una strana luce negli occhi.
Alla domanda: di che cosa avete parlato mi rispose che era un segreto tra lei e Silvana.
Morivo dalla curiosità ma rispettai il suo non volermene parlare.
Ogni volta che la guardavo quella strana luce negli occhi aumentava fino a che disse questa frase: Finalmente qualcuno ha capito!! Cosa vuoi dire?
Mamma vuoi sapere cosa mi ha detto Silvana?
Cercavo di nascondere la mia ansia e risposi che mi sarebbe piaciuto.
Mi ha chiesto di scrivere su un foglio dieci motivi per rimanere e dieci per andarmene e poi di mandarglieli per fax o per lettera. Hai capito mamma?
Quel suo sguardo mi penetrava fino negli abissi più profondi del mio essere, uno sguardo quasi di sfida.
Capisci mamma? SONO IO A DECIDERE; NESSUNO MI PUO OBBLIGARE!!!!
Da quel momento, quando la vedevo scrivere il mio cuore rimaneva sospeso.
Fino a che arrivò il giorno nel quale mi comunicò che i motivi per rimanere superavano quelli per andarsene.
Tutto questo riportava sempre a una sola verità: AVERE LA POSSIBILITA' DI SCEGLIERE!
So cosa state pensando: Allora uno può scegliere se vivere o morire?
Io posso solo condividere l'esperienza vissuta con mia figlia e vi posso assicurare che Francesca “HA SCELTO!”
Ho visto accadere cose davanti ai miei occhi alle quali nemmeno io credevo. L'infermiera che ero stata mi diceva che non erano possibili, eppure i miei occhi le vedevano.
Quando le saliva la febbre volevo darle la tachipirina ma lei mi guardava e seria mi diceva: ma allora non hai capito proprio niente! Lo sai che quando si ha la febbre è perché ci sono delle cose che devono uscire; dammi piuttosto un panno bagnato che mi rinfresco un po'. Dopo cinque minuti la temperatura era scesa a 36.5! Un giorno cominciò ad avere epistassi e il dilemma si ripresentava: la porto in ospedale (sapevo che poteva avere bisogno di una trasfusione) o la tengo a casa? E come al solito era lei a prendere in mano la situazione. Mamma chiama Roberto perché devo capire delle cose.
Il sangue smise di scendere e io rimanevo li a guardarla senza sapere cosa dire. Roberto la riportava dentro di se e la rendeva consapevole del potere della sua mente, ma soprattutto la informava di quello che stava avvenendo dentro il suo corpo.
Quando si comprende perché il corpo ha cominciato a manifestare dei sintomi si può iniziare a percorrere il cammino inverso.
Non è una strada facile, io stessa ho avuto dei momenti molto difficili.
Il fatto di essere un'infermiera a volte era un vantaggio ma spesso mi poneva davanti a scelte che richiedevano una fede incrollabile.
Quello che mi ha aiutato a non avere o a riprendermi subito dai momenti di smarrimento era vedere Francesca così determinata.
Durante le “fasi” (così Francesca le chiamava) ero in contatto con Roberto, e ogni volta mi preparava a quello a cui sarebbe andata incontro Francesca così avevo spiegazioni (diverse da quelle che io conoscevo) ad ogni sintomo.
Ogni fase aveva la sua caratteristica e la sua difficoltà. Ogni volta il mio essere infermiera provocava una lotta terribile dentro di me. Vedevo sorgere sintomi che in ospedale sarebbero stati trattati mentre io stavo a guardare senza far niente.
Ma la cosa più strabiliante che accadde alla quale ancora oggi i medici non sanno dare una spiegazione fu che con una diagnosi di “osteosarcoma al femore” Francesca non sentisse dolore!
Questo fatto da solo bastava a rendermi felice per la scelta che avevo fatto!
Cercavo di non pensare al fatto che il famoso primario aspettasse una mia telefonata per fissare il giorno dell'intervento, fino a quando ricevetti una lettera: una convocazione del tribunale dei minori!
Dopo alcune telefonate di persuasione era passata ai fatti! Mi aveva avvisato che se non facevo operare Francesca avrebbe preso provvedimenti, e così fu!
La convocazione era per il lunedì successivo (due giorni dopo).
Ricordavo cosa avevo letto in internet e mi sembrava di impazzire.
Sapevo che avrebbero potuto toglierci la patria potestà, che avrebbero potuto intervenire su Francesca senza il mio consenso se il giudice l'avesse ritenuto opportuno.
Con questo pensiero nella testa arrivammo a lunedì.
Davanti al giudice mi sentivo come mi ero sentita davanti al primario.
Disse candidamente che non avrebbe voluto essere al nostro posto, che gli dispiaceva ma che avremmo dovuto fare quello che dicevano i medici.
Chiesi di poter fare un altro consulto, e con questo accordo ci lasciò andare dicendoci di tenerlo informato.
Mille pensieri si accavallarono nella mia mente ma uno prevaleva su tutti: dovevo trovare un medico che in base alla diagnosi avrebbe dichiarato che non aveva senso intervenire.
Solo così il Tribunale ci avrebbe lasciato in pace!
Tornata a casa cominciai con le telefonate. Tutti i medici ai quali esponevo il problema erano gentili e comprensivi, mi dicevano che se fosse stata sua figlia non l'avrebbero fatta operare, ma quando si trattava di scriverlo dicevano che non se la sentivano perché c'era di mezzo il Tribunale dei Minori.
Alle volte mi chiedevo se stessi impazzendo. Mia figlia aveva un tumore e io stavo rincorrendo un medico che mi dicesse che non c'erano speranze.
Ma anche qui era Francesca che mi dava una forza incredibile. Vedrai mamma che lo troviamo così sono libera di continuare la strada che ho scelto.
Dopo l'ennesimo consulto trovammo un medico a Savona. Entrati nello studio ci sedemmo e, mentre attendevamo che finisse di scrivere una cosa, Francesca continuava a darmi delle gomitate indicandomi il muro dietro al medico.
Alzai lo sguardo e vidi un quadro che raffigurava Padre Pio…….
Te lo dicevo mamma che l'avremmo trovato! Sono certa che è lui!
E così fu.
Quando prese in mano le lastre mi guardò con aria interrogativa, intuii che non voleva parlare davanti a Francesca. Gli dissi di stare tranquillo perché Francesca sapeva tutto.
Volevamo solo che ci confermasse quello che le lastre dicevano e che non aveva senso operare. Lui disse che solo un pazzo poteva intervenire con quelle lastre! A quelle parole gli chiesi se fosse disposto a scriverlo.
Mi guardò come se la pazza fossi io. E me lo chiede?…..Sa c'e di mezzo il Tribunale dei Minori…..
A quel punto mi guardò dritto negli occhi e mi disse che se avessi dovuto andare in tribunale lui sarebbe stato al mio fianco! Non sapevo se ridere o piangere, quel pezzo di carta rappresentava la LIBERTA' per Francesca, LIBERTA' DI POTER SCEGLIERE COME VIVERE LA PROPRIA VITA O LA PROPRIA MORTE.
Da quel giorno l'unica clausola che mise il Tribunale fu che Francesca venisse visitata regolarmente da un medico.
Tutto questo per verificare che una “madre snaturata come me venisse tenuta sotto controllo e non facesse più danni di quelli che aveva già fatto” Silvana (il medico che aveva messo una luce nuova negli occhi di Francesca) la visitava due volte la settimana.
Nel frattempo eravamo sempre in contatto con Roberto.
Francesca stava ormai entrando nella fase finale (quella che avrebbe dato una svolta al processo di guarigione)
Roberto mi aveva detto più o meno quanto sarebbe durata, questa volta però le sue previsioni non si erano avverate. Capivo che c'era qualcosa che non andava. Era ormai finita l'estate e i compagni di Francesca si preparavano per tornare a scuola. Erano giorni che mi parlava del suo rientro a scuola, ne era entusiasta. Ma più il giorno si avvicinava e più il suo stato di salute peggiorava.
Un giorno mi chiese di portarla nel paese dove sarebbe tornata a scuola, volle fare un giro per vedere i suoi amici (senza che loro la vedessero), mi disse di portarla dove c'erano tante piante e il fiume.
La osservavo con la coda dell'occhio e la vedevo sempre più triste.
Tornata a casa mi disse che non era disposta ad aspettare che il suo corpo tornasse quello di prima. Lei voleva correre, saltare, giocare, ridere con i suoi amici adesso, non fra un anno o quanto ci sarebbe voluto.
Da quel giorno non ebbe più miglioramenti.
Contattai Roberto e ci mettemmo d'accordo di trovarci per parlare con Francesca. A fatica affrontò il viaggio e quando arrivammo era stremata, ma soprattutto era molto arrabbiata.
Si chiedeva perché era venuta fin li, mise il muso e non voleva parlare con Roberto.
Alla domanda: A che cosa ti serve ancora l'edema? Perché vuoi respirare male?” io rimasi col fiato sospeso.
Pensavo che avrebbe urlato di lasciarla in pace e invece dopo pochi minuti che a me sembrarono secoli Francesca piangendo disse che non voleva respirare meglio e soprattutto non voleva guarire.
Rimanemmo tutti senza parole.
Se fosse guarita avrebbe dovuto fare una scelta, avrebbe dovuto cambiare qualcosa nella sua vita che non era in grado di accettare!
Solo la malattia le permetteva di fare veramente quello che desiderava.
Se fosse guarita avrebbe dovuto guardare in faccia qualcosa che sapeva di non poter reggere!
Con quella nuova consapevolezza tornammo a casa.
Alcuni giorni dopo, una mia amica mi disse che una ragazza che lei conosceva voleva vedere Francesca.
Ci accordammo per il giorno dopo. Io ero talmente abituata con Francesca alla non logica che non mi chiesi nemmeno perché la volesse vedere. Arrivò, ci presentammo, si chiamava Chiara. Non l'avevo mai vista ma era come se ci fossimo date un appuntamento da tanto tempo. Chiese di andare in camera, Francesca dormiva, disse che non importava. Io la lasciai sola seduta vicino a Francesca e tornai in sala. Dopo un po' di tempo sentii mia figlia che mi chiamava, andai e vidi che era arrabbiata ma non perché era venuta Chiara, solo perché si era svegliata e aveva trovato un'estranea vicino al letto.
Abituata com'ero al fatto che non volesse vedere nessuno mi stupivo che non mandasse via Chiara.
Chiara le chiese se poteva tornare nei giorni successivi e lei acconsenti.
Al suo arrivo il giorno seguente Francesca mi disse di lasciarle sole che mi avrebbe chiamato lei se aveva bisogno. Allora vivevo la situazione come se fosse la cosa più naturale di questo mondo ma ripensandoci era alquanto particolare. Francesca da quando si era ammalata non voleva vedere nessuno tranne me, sua sorella, suo padre e sua nonna.
Vederla accettare un'estranea senza fare né domande né resistenza mi faceva pensare .
Dopo alcuni giorni che Chiara frequentava la nostra casa Francesca mi disse una cosa che mi lasciò senza parole.
“Lo sai mamma che Chiara è un angelo? E io l'ho già conosciuta?”
Se ne usciva così con affermazioni del genere e io l'ascoltavo senza chiedermi più niente.
Chiara le dava dei suggerimenti su cosa mangiare, su cosa fare. Da quando le disse che le avrebbe fatto bene fare il bagno, volle farlo tutte le sere. Impiegavamo quasi due ore ogni volta ma vederla così rilassata mi allargava il cuore.
Rimanevamo spesso da sole in camera a parlare, a volte mi diceva cose talmente profonde che mi chiedevo quanti anni avesse.
Una sera, c'era anche sua sorella, ci disse che ci doveva parlare.
Avevo sempre un pò di timore quando assumeva quel tono perché significava che stava per dire qualcosa che sicuramente mi avrebbe lasciato senza parole.
Disse che finalmente si era liberata, che aveva detto tutto quello che c'era da dire e che era ora di andarsene.
Ringraziò me, sua sorella e Gesù e ci disse che ci voleva tanto bene.
Aveva una strana luce negli occhi, era come se per la prima volta da quando si era ammalata fosse finalmente in pace.
Quella notte, per la prima volta, dormì fino a mattina senza mai svegliarsi.
Alle 8 apri gli occhi e mi disse di chiamare Chiara. Le dissi che era troppo presto, che Chiara aveva una bimba piccola che doveva portare all'asilo. Ma Francesca insistette.”lei lo sa che deve venire”
Presi il telefono, feci il numero e passai la cornetta a Francesca: vieni Chiara, ti aspetto.
Mi restituì la cornetta, fece un grande sospiro, chiuse gli occhi e pur respirando non mi rispose più…….
Chiara arrivò subito, le prese la mano e iniziò qualcosa che ancora oggi non so come definire.
Un dialogo senza parole che mi permise di non impazzire.
Quello che accadde nelle ore successive è rimasto nel mio cuore e penso che lo rimarrà per sempre.
Io SO che Francesca HA SCELTO e lo ha potuto fare grazie agli angeli che le sono stati vicini!
Scritto da Paola Moreschi
Via Fumagalli, 15
23017 Morbegno (Sondrio)
Tel. 3383266444
Lettera della sorella di Francesca
Io sono Katia, la sorella di Francesca, e questa esperienza l'ho vissuta non tanto dal lato medico ma quanto da quello umano. Spero che con la mia esperienza potrò aiutarvi in qualche modo a non sentirvi soli e insieme a trovare soluzioni alternative a quelle convenzionali. Non per la situazione in se ma per il modo in cui l'ho affrontata.
La perdita di una sorella ti lascia sempre e comunque un immenso vuoto, io ho provato a viverla con una diversa mentalità cercando di capire come stava lei e non come stavo io.
Il periodo della sua malattia è stato un trauma soprattutto per l'effetto che questa aveva su di lei, ero abituata a vedere una bambina di 13 anni con cui passavo delle ore a chiacchierare e a ridere, come non facevo con nessun altro. Quel vulcano di bambina ad un tratto non c'era più, era sparita, si era come assopita.
La prima volta che sono andata a trovarla in ospedale non volevo credere ai miei occhi, quell'anima dolce e spensierata si era trasformata in un fantasma, sembrava come svuotata; anche la scintilla che aveva negli occhi, quella che, quando ti fissava sembrava leggerti dentro come se fossi un libro stampato, anche quella era
La chemioterapia e le medicine le avevano risucchiato tutta la sua energia, la sua vitalità e ne avevano lasciato solo un vago e triste ricordo. Se non si vedevano miglioramenti, a quale scopo questi trattamenti?
Mia mamma allora decise di cercare un'altra strada e contro il parere dei medici decise di portarla via dall'ospedale per riportarla nella sua casa. Così iniziarono i pomeriggi in montagna a giocare con i cani e a respirare aria fresca.
Iniziando a diminuire il dosaggio delle medicine, perché oltre al corpo bisogna curare anche lo spirito,è aumentata la qualità della vita.
Passavano le ore, i giorni, le settimane, durante le quali assistetti all'ennesima trasformazione, quella scintilla era tornata, il fantasma stava sparendo e quella dolce bambina si stava risvegliando.
Allora in me si riaccese la speranza che tutto quel dolore poteva avere una fine;purtroppo però la fine che arrivò non era proprio quella a cui avevo sperato. Certo non era guarita, il tumore c'era ancora, ma quel fantasma era sparito e questo bastò a riaprirmi il cuore.
Aveva molti sbalzi d'umore, dovuti alle medicine che aveva ancora nel corpo, ma il suono della sua voce era completamente cambiato, non era più arrabbiata con il mondo intero, stava cercando solo la pace.
Sarei stata felicissima se l'avesse trovata, ma avevo paura di quale pace avrebbe trovato; egoisticamente avrei voluto che rimanesse con me.
Ma…un giorno, il 10 novembre, mi chiese di leggergli un libro “il piccolo principe” e mentre lo leggevo sentivo che per la prima volta stavo facendo qualcosa per lei, mi si riempì il cuore di gioia. Poi mentre dormiva decisi di fargli un'altro regalo, mi misi a farle un ritratto da una foto, dove con il tutu ballava.
Mentre cercavo di catturare la sua essenza, mi senti chiamare con mia mamma, alzai gli occhi, lei ci chiese di avvicinarci e mentre ci guardava con un espressione così calma e beata che sembrava quasi surreale, disse:
“ GRAZIE A TUTTI, GRAZIE SIGNORE, ADESSO SONO IN PACE, SONO PRONTA.”
Queste sue ultime parole, mi hanno riempito di gioia, non per le parole in se, ma per il tono in cui le ha espresse.
La sua energia mi ha dato una grande forza che mi ha aiutato a superare tutto quello che sarebbe arrivato dopo.
Anche se sento ancora la sua mancanza, so che è in un posto migliore e che da lassù mi protegge.
E' sempre con me, e la sua energia continua a darmi forza; lo sento di più adesso che quando era tra noi, forse perché non ero pronta per riceverlo.
Grazie di tutto Francy, tutti i momenti con te sono stati fantastici, non ne rimpiango neanche uno. Spero che tu stia bene dove sei. Ti penso sempre.
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Paola Moreschi
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